Il Farro della Garfagnana IGP si riferisce alla granella ottenuta per brillatura dal cereale della specie Triticum dicoccum (Schubler).

Metodo di produzione
Il farro viene seminato in terreni ubicati da 300 a 1.000 metri s.l.m. con idonea giacitura ed esposizione. La semina si effettua in ottobre, utilizzando seme vestito della locale popolazione di Triticum dicoccum Schubler, nelle quantità di 100-150 kg per ettaro. Prima della semina i terreni devono essere adeguatamente lavorati e devono essere rispettate le tradizionali indicazioni per la rotazione colturale, che vedono questo cereale succedere al prato. È escluso l’impiego di concimi chimici, di fitofarmaci e di diserbanti mentre è ammesso l’uso di concimi organici. La raccolta si effettua nel mese di luglio tramite trebbiatura. La produzione massima di granella vestita per ettaro non dovrà superare i 25 quintali. Le operazioni di brillatura, tramite cui vengono rimossi i rivestimenti glumeali dei chicchi, saranno effettuate nelle zone di produzione con apposite macchine. La resa in brillato non deve superare il 60% del prodotto iniziale.

Aspetto e sapore
Il Farro della Garfagnana IGP ha un chicco con evidenti striature biancastre a seguito della brillatura, di consistenza prevalentemente farinosa, ricchi di amido e dalle eccellenti proprietà dietetiche.

Zona di produzione
La zona di produzione del Farro della Garfagnana IGP interessa alcuni comuni in provincia di Lucca, nella regione Toscana.

Storia
Il Farro della Garfagnana IGP è frutto di una lunga tradizione che vede la Garfagnana come la zona di produzione per eccellenza di questo cereale a livello nazionale. Il farro è sicuramente uno dei cerali più antichi conosciuti dall’uomo. Coltivato già 7.000 anni fa in Mesopotamia, è stato per secoli la base alimentare di intere popolazioni asiatiche e mediterranee. Introdotto nel sud dell’Italia dagli antichi Greci si diffuse rapidamente in tutta la penisola, rimanendo per lungo tempo la coltura cerealicola privilegiata dalle popolazioni latine, tanto che Plinio la definì “il primo cibo dell’antico Lazio”. Nel III millennio a.C., ad esempio, si faceva riferimento al farro col termine oliria, ad intendere la bianca farina che da questo veniva ricavata, oppure, veniva donato come ricompensa, in simbolo di onore e gloria, agli eroi Romani, o ancora, entrava a far parte di rituali religiosi. Un antenato del pane era il puls, una sorta di polenta preparata da sfarinato di farro abbrustolito, che i legionari romani erano soliti consumare. Il farro, insieme al sale, era anche la paga che gli stessi legionari ricevevano per i loro servigi.

Gastronomia
Si consiglia di conservare il farro in luoghi asciutti, in contenitori di vetro oppure sottovuoto. Il Farro della Garfagnana IGP differisce dalle altre qualità di farro per il chicco più grosso e per la tenuta in cottura. Il sapore è inconfondibile. Ricco di vitamine, sali minerali e di amido, è stato riscoperto per le sue eccellenti proprietà dietetiche e perché le sue fibre svolgono un’azione benefica. Ingrediente ideale per la preparazione di zuppe, come la minestra di farro, piatto tipico in Garfagnana. Si accompagna molto bene a fagioli e leguminose in generale. La farina che può essere ricavata dal Farro della Garfagnana IGP viene utilizzata per produrre il tipico pane garfagnino, inconfondibile per consistenza e sapore.

Commercializzazione
Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Farro della Garfagnana IGP. Il farro brillato è commercializzato in sacchetti da 0,5-1-5-10-25 e 50 kg. Il sacchetto deve rispettare le norme di legge in vigore ed in particolare riportare le indicazioni sull’annata di produzione e la scadenza per il consumo. La confezione deve essere adeguatamente sigillata.

Nota distintiva
Il Farro della Garfagnana IGP è un cereale resistente agli agenti naturali, viene coltivato su terreni poveri di elementi nutritivi senza l’impiego di concimi chimici.

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