Davide Rauco è il sous chef del Ristorante Stellato di Roma ‘Tordo Matto’. Ventitrè anni, diplomato all’Istituto Tor Carbone e con idee chiare per il futuro: “Lavorare sempre con i migliori e un giorno aprire il mio ristorante ecosostenibile”.

Come e quando hai iniziato questo lavoro? Formazione e prime esperienze?

Mi sono diplomato all’ istituto alberghiero di Tor Carbone a Roma e già durante le estati scolastiche andavo a lavorare in un ristorante vicino casa per essere indipendente e affacciarmi intanto sul mondo del lavoro. La mia prima vera e propria esperienza però è stata in un ristorantino di 40 coperti sempre a Roma, in cui lo chef mi ha “massacrato” affinché diventassi autonomo. Gestivo tutta la cucina da solo, antipasti, primi, secondi e dolci. A volte è capitato che lui non si presentava a lavoro e io dovevo fare 40 coperti da solo. L’ ho odiato per tutto il periodo lavorativo… quando me ne andai, lo ringraziai con tutto il cuore!!!  È grazie a lui se adesso riesco a gestire a sangue freddo quello che succede in cucina.

Da dove nasce questa passione?

Potrebbe sembrare banale ma la vera risposta a questa domanda è che da bambino ho sempre amato mangiare. A 6 anni volevo fare lo scienziato, a 7 il veterinario. Così ho deciso di unire le due cose, scegliendo la via del cuoco (sorride, n.d.r.). Questa ve la dico in confidenza, quando ero alle elementari ed era ora di andare a mensa, ero così felice che festeggiavo scivolando per terra con le ginocchia, come un esultanza dopo aver segnato un gol. Tutti i giorni era una tirata di orecchie. Ma a me non interessava, la mia scelta aveva già preso il sopravvento!

Chi sono gli chef che ti hanno ispirato di più?

Tutti mi fanno questa domanda. Anche quando mi sono candidato per Antonino chef Academy mi hanno chiesto la stessa cosa: chi è lo chef che ti ha ispirato di più?  La verità è che non ho uno chef in particolare che mi ha ispirato più di altri. Io ho sempre stimato chi ci metteva tecnica, studio, innovazione, ma soprattutto chi era in continua ricerca della perfezione: l’olio più verde, la cremosità perfetta, la giusta croccantezza…

Comunque se devo dare per forza una risposta a questa domanda, io sono innamorato dell’ intrattenimento a tavola e della teatralità, quindi Grant Achatz, David Munoz, Albert Adrià, per citarne alcuni.

Come definiresti la tua cucina?

Per adesso, tecnica e creativa. Sono ancora giovane, non mi sento di definirmi, ho moltissimo da imparare ancora e non vedo l’ora!

Cucina e sostenibilità: una tua riflessione su una delle tematiche più attuali e rilevanti.

Uscendo fuori dal tema cucina, l’essere umano sta sovrasfruttando il pianeta e per di più in modo non intelligente, senza rendersi conto che questo tipo di sfruttamento porterà ad un collasso. Abbiamo deciso di creare una società basata sul denaro e sul potere piuttosto che sulla collaborazione con il pianeta e tra noi esseri umani. Ogni anno si buttano tonnellate di cibo e ci sono ancora popolazioni che soffrono la fame, capite da voi che c’è un’incongruenza che nel ventunesimo secolo non si può più ignorare, ma che comunque continua ad essere ignorata. 

Tornando in cucina, io sul mio curriculum ho scritto che ottimizzo gli sprechi. Perché? Facciamo un esempio: sull’ultimo piatto che ho provato ho usato un astice. Con il carapace ho fatto un fondo, e dopo averci fatto il fondo, l’ho asciugato e utilizzato per fare un sale ai crostacei. Non ho fatto nulla di particolare, ma a parte il non commestibile, il resto l’ho usato tutto! Se usassimo il 100% delle parti commestibili di un ingrediente, non solo ridurremmo gli sprechi, ma rimarremmo stupiti da quanti utilizzi può avere ogni singolo prodotto! Un altro aspetto fondamentale è l’utilizzo degli ingredienti stagionali e del territorio. Mi sembra anche banale spiegare il motivo.

Come sarà lo chef del futuro? 

Questa è una bella domanda. Se il futuro è nelle mani dei giovani, ce ne saranno delle belle da vedere, almeno spero! La cucina già da un po’ di tempo ha abbandonato la visione esclusivamente nazionale e territoriale sia in Italia che nel mondo. Io sono a favore della valorizzazione di prodotti del territorio regionale e al totale rispetto della flora e della fauna circostante, per un discorso di ecosostenibilità e valorizzazione appunto; ma è pur vero che ormai con la globalizzazione possiamo trovare animali e piante, che un tempo avremmo trovato solo in America, per esempio. Quindi è doveroso rispettare la flora e la fauna, ma anche giusto acclimatare un vegetale estero o allevare una particolare razza non presente in un determinato territorio. D’altronde il pomodoro, ad esempio, è originario del Sud America, è passato per la Spagna, per la Francia e poi è arrivato in Italia. Adesso è l’emblema della cucina italiana, ma lo abbiamo acclimatato. Quindi lo chef del futuro dovrà trovare il giusto compromesso tra ecosostenibilità, novità e innovazione.

Un desiderio ancora da realizzare?

3 desideri se posso, lavorare con i pilastri della ristorazione in tutto il mondo, conoscere le tradizioni più profonde degli altri popoli e poi aprire il mio ristorante ecosostenibile e totalmente autonomo!

Gli ‘ingredienti’ per diventare uno chef di successo. 

Tanto, tanto (posso dirlo un’altra volta?) tanto, studio. Senza quello non si va da nessuna parte!

La passione! Che è fondamentale, come la parte grassa in un’emulsione… senza non potrebbe avvenire;

Poi dedizione, costanza e creatività. Aggiungerei anche una manciata di spirito imprenditoriale, competenze in materia economica e sapersi soprattutto distinguere dagli altri, dando un esempio da seguire più positivo possibile.