Il Bitto DOP è un formaggio stagionato a pasta semidura prodotto con latte vaccino intero e con eventuale aggiunta di latte caprino crudo in misura non superiore al 10%.
Metodo di produzione
Il latte vaccino deve provenire da razze bovine tradizionali della zona di produzione, alimentate con erba di pascolo. Anche il latte caprino crudo deve essere ottenuto da animali alimentati a pascolo libero. Il latte, bovino ed eventualmente caprino, deve essere lavorato entro un’ora; viene immesso nelle tradizionali caldaie in rame a forma di campana rovesciata, dove è riscaldato mediante fuoco a legna. La cagliata, ottenuta con caglio di vitello, viene cotta tra i 48 e i 52°C per circa 30 minuti e viene rotta finché i grumi acquisiscono la grandezza di chicchi di riso. La pasta ottenuta viene posta in “fascere” tradizionali in legno o in plastica, che conferiscono il particolare scalzo concavo. Le fascere possiedono le indispensabili caratteristiche di respirabilità e porosità, necessarie al processo di salatura e maturazione. La salatura avviene a secco o in salamoia. La stagionatura minima è di 70 giorni, ma le forme possono essere lasciate a maturare anche per diversi anni, senza che siano alterate le caratteristiche organolettiche e strutturali del formaggio. In questi casi i formaggi sono sottoposti a periodici rivoltamenti, puliture e raschiature. Il Bitto DOP è prodotto nel periodo compreso tra il primo giugno e il 30 settembre.
Aspetto e sapore
Il Bitto DOP si presenta con una crosta di colore giallo paglierino e una pasta compatta dal bianco al giallo paglierino. A seconda della stagionatura è presente occhiatura rada a occhio di pernice. Il sapore è dolce e delicato. Con l’invecchiamento il Bitto DOP acquista maggiore compattezza, diventa fondente al palato ed acquisisce un gusto più forte e aromatico.
Zona di produzione
La zona di produzione del Bitto DOP comprende l’intero territorio della provincia di Sondrio e i territori limitrofi di alcuni comuni nelle province di Bergamo e Lecco, nella regione Lombardia.
Storia
Secondo alcuni storici, l’allevamento del bestiame nelle valli alpine fu avviato dai Celti. Da allora, l’usanza di allevare gli animali da latte negli alpeggi durante la stagione estiva è giunta fino ai giorni nostri e con essa la tradizione di trasformare in formaggio il latte prodotto. Il nome Bitto si fa derivare dal termine celtico bitu, ossia perenne. Probabilmente i Celti attribuirono questo nome al Bitto in quanto la lavorazione del latte consentiva di produrre un alimento da utilizzare come scorta alimentare. La città più importante per la commercializzazione del Bitto era Morbegno, centro della Bassa Valtellina, dove, dagli inizi del 1800, si svolgeva annualmente una mostra di questo formaggio oramai conosciuto ed apprezzato anche nelle valli limitrofe.
Gastronomia
Il Bitto DOP possiede una notevole attitudine alla conservazione. è buona norma conservarlo in frigorifero nel piano inferiore, protetto con carta stagnola. Fresco è un ottimo formaggio da tavola servito con frutta secca, irrorato con aceto balsamico, accompagnato a pane di segale. Può essere impiegato anche come ingrediente di qualità in numerosi piatti tipici della cucina valtellinese: i pizzoccheri, la polenta taragna, i risotti, le paste al forno e la fonduta. Le forme invecchiate sono utilizzate come formaggio da grattugia. Prediletti gli abbinamenti ai vini locali Valtellina Superiore DOP, Inferno e Sassella.
Commercializzazione
Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Bitto DOP. è commercializzato fresco, stagionato, in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sullo scalzo il logo prodotto impresso a fuoco.
Nota distintiva
La maturazione del Bitto DOP inizia nelle “casere d’alpe” e si conclude in appositi locali a fondovalle, sfruttando il naturale andamento climatico della zona di produzione.

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