“Io, la zona rossa e il Covid-19: ricordo come se fosse ieri gli eventi del 20 febbraio e quella chiamata di mia moglie che ha cambiato le nostre vite”

Ricordo come se fosse ieri gli eventi della sera del 20 febbraio 2020: ero andato a prendere mia figlia in aeroporto, che tornava dall’Università e aveva appena dato l’ultimo esame del primo semestre di medicina e chirurgia. Tutti eravamo contenti e, a giorni, saremmo dovuti partire per una breve vacanza.

Ad un certo punto arriva la chiamata di mia moglie, che ha cambiato le nostre vite: “Abbiamo un caso positivo per coronavirus a Codogno”.

Mia moglie è medico anestesista-rianimatore e quel giorno era di turno presso l’ospedale cittadino, dove la mattina era stato ricoverato un giovane con polmonite: il famoso paziente 1.

La notizia ci ha sconvolto, non solo perché non avevamo piena conoscenza del virus, ma anche perché avevamo timore che la notizia diffondesse il panico e l’isterismo generale. Abbiamo aspettato che la notizia uscisse sui TG, ma il vero pandemonio si è scatenato il giorno seguente: il 21 febbraio.

Il Pronto Soccorso e l’Ospedale vengono chiusi ed evacuati e gli unici all’interno erano pochi pazienti e gli operatori sanitari, alcuni trasferiti poi in altre strutture. Mia moglie risultava positiva al Coronavirus, asintomatica, e ricoverata la stessa sera all’ospedale Sacco di Milano.

Mi ricorderò per sempre l’immagine di lei che ci salutava dall’ambulanza con la mascherina, le mie figlie che piangevano e la paura per un futuro prossimo incerto.

La nostra cittadina improvvisamente è diventata importante, quasi una metropoli da cui tutti erano passati e si erano infettati. Diventa poi il primo Comune della cosiddetta “zona rossa”.

Mentre noi eravamo chiusi in casa, l’esercito blindava le strade, negozi saccheggiati, bar chiusi, nessun suono, se non quello ininterrotto delle sirene delle ambulanze.

Ogni giorno notizie nuove di conoscenti e amici che venivano ricoverati, case di riposo blindate. Le prime conferenze della Protezione Civile.

Un mondo surreale.

Noi siamo stati considerati gli untori dell’Italia, senza nessuna colpa tranne quella di trovarsi nella zona rossa, con la paura di non poter più uscire di casa e con quella di prendere il virus e stare male.

Ora che questo periodo è passato, mi guardo indietro, vedo le persone care che purtroppo hanno perso la vita (tra cui mia suocera) e penso che, forse, tutto questo poteva essere evitato se coloro che avrebbero potuto conoscere la situazione, non avesse girato la testa dall’altra parte.

MARIO BARTOCCETTI, Chef A.I.C.